La necessità di qualificare l’azione educativa e l’impossibilità di alcuni capi di proseguire nel proprio servizio, portarono nel 1979, dopo la conclusione dell’anno con i campi estivi, alla chiusura della branca lupetti per poter investire le forze e le risorse disponibili a favore delle branche superiori del reparto e del noviziato/clan. Di fatto iniziarono dei nuovi cicli legati a capi giovani cresciuti nel gruppo e da persone adulte che nel frattempo si erano avvicinate alla proposta.
Nel 1980 fu fatto un grosso lavoro in reparto per rilanciare, con successo, la proposta alle ragazze che negli anni precedenti erano progressivamente diminuite.
Il nuovo corso ed il lavoro di aggancio delle ragazze comportò un maggior rapporto con i genitori il quale si rese necessario anche per il diffondersi, nelle stesse famiglie, di modi diversi di vedere e di interessarsi alla proposta educativa. Non sempre, alla ricerca di collaborazione con i genitori, vi erano risposte positive, ed in riferimento alle ragazze, vi era ancora qualche papà che si esprimeva dicendo “No voio che me fioa staga fora de casa de note o oltre na certa ora de sera” negando alla figlia la possibilità di partecipare ad uscite e a campeggi.
Furono gli anni della “progressione personale”, e cioè dell’appropriazione dell’elemento metodologico lanciato dall’associazione, affinché ogni ragazzo/a, attraverso mete e obiettivi concreti, si assuma responsabilità effettive e graduali che lo/a faccia crescere e lo/a renda consapevole delle proprie capacità e della propria vocazione.
Un po’ tutta la proposta educativa di quegli anni fu legata alla scoperta e alla valorizzazione della persona e delle sue esigenze di relazione con gli altri e con il mondo.
Una conquista importante, grazie anche al contributo di Don Lino, fu quella di passare, nelle attività, da una catechesi solo di tipo occasionale ad una catechesi più sistematica ed unitaria.
Il nuovo entusiasmo e l’entrata qualche nuovo capo portò alla riapertura, nel 1981, del branco lupetti, mentre il clan in questi anni visse importanti esperienze di servizio a portatori di handicap, maturando sensibilità personali che nel tempo si riversarono nella comunità di Robegano.